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Tutte le crisi sgrossano il metallo e portano alla luce le scorie e quello che nascondevano, perché ancora attive alla base della nostra società. È lì che stanno le radici ultime della nostra crisi politica, mai superata storicamente; per questo, ogni tanto affiorano con virulenza: il disprezzo e l’umiliazione dei poveri. È l’altra faccia della cordialità brasiliana come ha spiegato magistralmente Sérgio Buarque De Hollanda. Dal cuore nasce la nostra benevolenza e il nostro comportamento informale, ma anche il nostro odio. Forse sarebbe meglio dire: il brasiliano più che cordiale, è un essere sentimentale. Si regge su sentimenti contraddittori e radicali.

Riconosciamolo: nel nostro paese regnano odio e profonde spaccature. Abbiamo bisogno di dare un nome a quest’odio. È l’odio contro i figli e le figlie della povertà, di coloro che sono venuti dal profondo della casa degli schiavi o delle immense periferie. Basta leggere gli storici che hanno tentato di leggere la nostra storia a partire dalle vittime, come l’accademico José Honório Rodriguez o il mulatto Capistrano de Abreu o ancora l’attuale direttore del IPEA il sociologo Jessé de Souza per renderci conto sopra quale strato sociale stiamo seduti. Le grandi maggioranze impoverite erano per le oligarchie economiche e per l’intellighenzia tradizionali e per lo Stato da loro controllato, peso morto. Non soltanto sono state emarginate, ma anche umiliate e disprezzate. Scrive José Honório Rodriguez:

“La maggioranza dominante è sempre stata alienata, antiprogressista, antinazionale e non contemporanea. La leadership mai si è riconciliata con il popolo. Mai ha visto in esso l’opera di Dio, mai lo ha riconosciuto, visto che vorrebbero che il popolo fosse quello che non è di fatto. Mai ne hanno scoperto le capacità né ammirato il servizio al paese, l’hanno chiamato con una infinità di nomi – caipira – gli hanno negato i diritti, hanno annientato la sua vita e non appena l’hanno visto crescere, a poco a poco gli hanno negato l’approvazione; hanno cospirato per cacciarlo di nuovo in periferia, nel luogo che appartiene al popolo, secondo il loro modo di pensare” (Reforma e conciliação no Brasil p.16).

Non si tratta di una descrizione del passato ma una verifica di quello che sta succedendo nel momento attuale. Per una congiunzione di forze, alcune provenienti dal basso, un sopravvissuto, Luiz Ignazio Lula da Silva, è riuscito a penetrare la stanza blindata dei potenti e arrivare alla Presidenza.

Questo è intollerabile per i poteri forti e per gli intellettuali che negano ogni rapporto con quelli del piano di sotto. Ma più intollerabile ancora è il fatto che con le politiche sociali mirate sono stati inclusi milioni che prima stavano fuori dalla cittadinanza. Questi hanno cominciato a occupare le poltrone prima riservate ai beneficiati del sistema discriminante. Hanno cominciato a consumare, entrare negli shopping e a prendere l’aereo. La loro presenza irrita quelli del piano di sopra e cominciano a odiarli.

Se c’è qualcosa da criticare è che si tratta di una inclusione incompleta. Ha creato consumatori ma pochi cittadini critici. Hanno cessato di essere affamati, ma l’essere umano non è soltanto un animale affamato. E’ un essere di molte virtualità, come tutti, un progetto infinito. E’ successo che non c’è stato uno sviluppo del capitale sociale consistente nei settori Educazione, la Sanità, trasporto, cultura e attività libere. Questa sarebbe un’altra tappa e più fondamentale ancora visto che stava istituita nelle scuole professionali e con l’accesso di migliaia di impoveriti all’università.

Il fatto è che quando questi diseredati hanno cominciato a sollevare la testa, vennero subito squalificati e demonizzati. Hanno attaccato il loro principale rappresentante e leader Lula. Il fatto di essere stato portato sotto scorta per un interrogatorio, atto sproporzionato e umiliante, mirava esattamente a questo: umiliare e distruggere la sua figura carismatica. Insieme con lui, liquidare, se mai possibile il suo partito e renderlo non idoneo a di disputare future elezioni.

In altre parole, gli eredi della Casa Grande stanno tornando. L’ondata di destra che devasta il Paese possiede questi profondi recessi. Cercare impeachment della Presidentessa Dilma è l’ultimo capitolo di questa battaglia per arrivare alla situazione precedente, dove loro, i dominatori (71 mila super ricchi con i loro alleati del sistema finanziario che rappresentano lo 0,05 della popolazione) tornerebbero a occupare lo Stato e a farlo funzionare a proprio beneficio, una volta escluse le maggioranze popolari. La loro alleanza con i grandi mèdia che formano un blocco storico ben articolato, sono riusciti a conquistare alla loro causa molti della classe media, progressisti nelle loro professioni, ma conservatori in politica. Costoro s’intendono poco e male di sfruttamento economico, a cui già stanno sottomessi dai ricchi come ha notato recentemente Jessé de Souza.

Ma la coscienza dei poveri, una volta svegliata, non c’è verso di frenarla. Trasformazioni ce ne sarà ancora e daranno un’altra direzione al Paese.

*Leonardo Boff, columnist del JB on line
Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato