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Fatti recenti: proibizione al premio Nobel per la pace Perez Esquivel (80) e di altri notabili della politica di visitare l’ex Presidente Lula, prigioniero politico, amico di tutti quelli che volevano vederlo, è la prova badiale che noi stiamo vivendo in un regime di eccezione giuridico-mediatico. Le toghe comandano. La giudicessa Caterina Lebbos, braccio destro del giudice Sergio Moro, mostra tracce di crudeltà e disumanità con la decisione d’impedire a un medico di verificare lo stato di salute dell’ex Presidente. Non ne sono certo, ma temo che questa decisione sia classificabile come atto criminale, passibile di punizione.
L’aspetto più grave della nostra crisi è la strategia degli arricchiti (0,05% della popolazione), associati come sempre a raggruppamenti economico-finanziarie e perfino stranieri, addirittura con i nostri media monopolisti e conservatori, di annullare il patto sociale, costruito sotto l’egemonia delle forze democratiche e progressiste, custodito dalla Costituzione del 1988. Attraverso il consenso che essa favorì tra i vari gruppi perfino antagonisti, furono create le basi del futuro Stato Sociale brasiliano. Sarebbe un primo passo per attaccare la nostra piaga maggiore che è la perversa diseguaglianza sociale e la inclusione di milioni di brasiliani a godere in pieno dei diritti di cittadinanza.
Le conclusioni erano stilate da qualcuno che le élites favorevoli allo statu quo mai avevano accettato, ma dovettero piegarsi al verdetto delle urne: era un operaio sparato fuori dalla povertà del nordest, Luis Inàcio Lula da Silva. Con le sue politiche sociali aveva fatto sì che quelli del piano di sotto potessero salire uno scalino della classe sociale.
Quando s’accorsero che avrebbe potuto nascere una nuova egemonia di carattere progressista e popolare, questa classe, come sempre in passato secondo i nostri migliori storici, come José Honòrio Rodriguez aveva tramato per fare un golpe di classe. Si trattava di assicurare il tipo di accumulo e di controllo dell’apparato statale fonte delle loro mazzette milionarie.
Cambiano i tempi, cambiano le strategie. Doveva essere non un golpe militare, ma parlamentare. Marcelo Odebrecht, presidente di una delle maggiori imprese brasiliane, nella sua delazione a premio, confessò di aver distribuito 10 milioni di Reais per comprare 140 deputati, perché garantissero l’impeachment di Dilma Rousseff e la presa del potere dello Stato.
Congresso tra i più mediocri della storia Repubblicana, con da una parte alcuni ladri accusati di corruzione, altri invece denunciati per delitti comuni, perfino di assassinio si è lasciato venalmente comprare. Hanno fatto un golpe parlamentare-giuridico e mediatico deponendo a favore di un impeachment discutibile della Presidenta legittimamente eletta, Dilma Rousseff. L’obiettivo non era essenzialmente lei, ma si voleva colpire Lula e il PT.
La lotta alla corruzione, malattia endemica della politica brasiliana, non per questo scusabile, è servita come pretesto per attaccare, processare e letteralmente perseguitare Lula con l’espediente del lawfare (interpretare in modo maldestro della legge per danneggiare l’accusato).Tanto han fatto che sono riusciti a schiaffarlo in prigione, mediante un processo che, secondo i più grandi giuristi brasiliani e stranieri, è viziato e privo di prove materiali consistenti.
Ma qual è il senso maggiore di questo golpe? È mantenere il tipo di accumulazione di quel gruppo di rapinatori, che controlla se gran parte della nostra ricchezza da finire nelle loro tasche. Ma la conseguenza più disastrosa, finalmente analizzata dallo scienziato Luiz Gonzaga de Souza Lima in una conferenza del 22 novembre 2017 nella Fiocruz di Rio de Janeiro è espressa nell’Emendamento Costituzionale(PEC 55): questo non solo comporta un controllo sul tetto della spesa, mette il Brasile in manette. Il PEC, dice Souza Lima è la proibizione della costruzione dello Stato Sociale nel nostro paese. Vietato costituzionalmente costruire lo Stato Sociale. È più di un congelamento della spesa.
Le classi favorevoli al rallentamento dello sviluppo hanno scelto il passato, la ricolonizzazione del Brasile allineandosi agli interessi dell’impero del capitale egemonizzato dagli USA. Non attraverso elezioni ma con un golpe hanno azzerato il patto costruito dalla Costituzione nel 1988. Dice ancora Souza Lima: “Siamo davanti a un golpe contro il governo che il popolo brasiliano aveva eletto. Siamo davanti a un’inflessione storica di un’importanza incalcolabile: proibire costituzionalmente investimenti sociali specialmente nell’educazione e nella sanità”. È un caso unico a mondo d’oggi. Come potrà il popolo malato e ignorante spiccare un salto verso lo sviluppo adeguato a una popolazione di più di cento milioni di persone?
Queste élites, egoiste al massimo, non hanno mai avuto un progetto per il Brasile, ma soltanto per sé in funzione di un’assurda accumulazione. Attualmente poggia su una destra fascista autoritaria violenta razzista e sprezzante del popolo, chiamato monnezza inservibile. Per nostra vergogna ha anche l’appoggio in parte dell’apparato giuridico e della pesante mano militare, capace di reprimere e uccidere, specialmente neri e povera gente.
La lotta è per recuperare la democrazia minima. Ma più di tutto far valere la Costituzione del 1988, stracciata dai golpisti, ma che apriva spazio alla convivenza pacifica e allo sviluppo umano.
*Leonardo Boff è teologo, filosofo e autore de Concludere la Rifondazione o prolungare la dipendenza? Vozes 2018.
Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato