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Per quante critiche si facciano e si dovrebbero fare al PT qualcosa di inedito è avvenuto nella storia politica del paese. Qualcuno del piano di sotto è riuscito a spezzare le pareti corazzate, che le classi del potere, della comunicazione e del denaro, per secoli hanno montato, per annullare le politiche pubbliche a beneficio di milioni di impoveriti. Le elite arricchite mai hanno accettato che un operaio, col voto popolare, arrivasse al potere centrale. E’ vero che anche loro sono state gratificate, dato che la natura della loro accumulazione, una delle più alte del mondo non era stata nemmeno toccata. Ma rimaneva quello spino nella politica: accettare che il luogo che immaginavano riservato a loro fosse occupato da uno che veniva dalla grande tribolazione imposta ai poveri, negri, indigeni, operai durante tutto il tempo dell’esistenza del Brasile. Il suo nome è Luiz Inacio Lula da Silva.
Adesso la suddetta elite si è svegliata. Si è resa conto che queste politiche di inclusione sociale potrebbero consolidarsi e modificare la logica della loro abusiva accumulazione. Come è noto agli storici che leggono la nostra storia a partire dalle vittime, come è il caso del mulatto Capistrano de Abreu, dell’accademico José Honorio Rodriguez e del sociologo Jessé Souza tra altri, differente dalla storia sociale, sempre scritta da mano bianca, tutte le volte che le classi subalterne alzarono la testa, cercando di migliorare la vita, questa testa venne subito colpita e i poveri ricondotti ai margini da cui non dovevano nemmeno essere usciti. La violenza nelle varie fasi della nostra storia fu sempre severa con poveri e neri, e in qualche caso, micidiale. Il ricompattamento delle classi opulente a dispetto dei reclami popolari sempre ha mantenuto il potere e i mezzi di controllo e repressione a proprio beneficio.
Non è differente nell’attuale golpe giuridico-parlamentare che ingiustamente ha privato del potere la Presidenta Dilma Rousseff. Il golpe non ha più avuto bisogno di manganelli e di carri armati. E’ bastato subornare le elite arricchite, le 270 mila persone (meno del 1/% della popolazione) che controllano più della metà del flusso finanziario del paese, associate ai mezzi di comunicazione di massa, chiaramente golpisti e antipopolari, per impadronirsi del potere dello stato e a partire da lì fare riforme che li beneficiavano in modo assurdo.
Il Brasile occupa una posizione importante nel quadro geopolitico mondiale. E’ la settima economia del mondo, controlla l’atlantico sud e sta rivolta verso l’Africa. Questa area nella strategia del Pentagono, che ha cura della sicurezza dell’impero nord americano, stava allo scoperto.
C’era lì, un paese, chiave per l’economia futura, basata sull’ecologia, che tentava di portare avanti un progetto di nazione autonomo e sovrano, ma ha perso alla nuova fase planetaria dell’umanità. Bisognava controllarlo: La Quarta Flotta abolita nel 1950, è tornata a partire dagli Anni 80/90 a essere accusata con tutto un arsenale bellico capace di distruggere qualsiasi paese nemico. Essa vigila specialmente la zona del pré-sal dove si trovano i giacimenti di petrolio e gas più promettenti del pianeta.
Il Pentagono secondo la sua strategia studiata a fondo da Moniz Bandeira, recentemente scomparso e denunciata negli UEA da Noam Chomsky, era assolutamente necessario destabilizzare i governi progressisti, mettere alla berlina le loro leadership e squalificare la politica come un mondo sporco e corrotto e forzare l’indebolimento dello Stato a favore dell’espansione del mercato, vero conduttore dei destini del paese. Appartiene a questa strategia, diffondere odio per i poveri, i neri e gli oppositori di questo progetto di rassegnati.
Questo è il progetto delle elite del sottosviluppo calcolato (secondo Jessé Souza) non vogliono un progetto di nazione, ma una incorporazione, anche subalterna, al progetto imperiale. Accettano senza tante storie la loro ricolonizzazione per essere esclusivamente esportatori di commodities. Il loro ragionamento: perché dovremmo creare una industria tutta nostra, e una pista nostra per lo sviluppo, se tutto sta già costruito e assemblato dalle forze che dominano il mondo? Il capitale non ha patria, ma solo interessi. Queste elite del sottosviluppo calcolato stanno a fianco dell’Impero e dei suoi interessi globali. Dietro allo svuotamento del progresso sociale con il trasferimento della ricchezza popolare a coloro che sono già super-ricchi, stanno le elite del sottosviluppo calcolato. Ci vedeva bene, pensieroso, Celso Furtado nella sera della sua vita, che le forze contrarie alla costruzione del Brasile come nazione forte, vigorosa e ecumenica, avrebbero trionfato e così interrotto il nostro processo di rifondazione del Brasile.
Alle prossime elezioni dobbiamo sconfiggere democraticamente queste elite dello sottosviluppo calcolato, perché non mostrano nessun interesse per il paese e per il popolo, ma soltanto un’opportunità di fare affari. Se trionfassero, potrebbero portare altri popoli latino-americani sullo stesso cammino fatale. Avremmo società altamente controllate, ricche da un lato e poverissime dall’altro, tremando per la paura della violenza. Saremmo ancora positivamente cordiali?
Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato