In mezzo alla babele dei discorsi politici, golpisti e antigolpisti del nostro tempo,è tonificante e incoraggiante mettersi in contatto col pensiero e la visione della realtà di questo noto leader dei popoli nativi che è Ailton Krenak. Al termine della lettura di interviste e testi riuniti in un libro “Ailton Krenak: incontri” (Azouge A Editorial, Rio, 2015), siamo portati a esclamare: “Ecco qua un uomo tutto d’un pezzo, integrale, vero burum” (burum, essere umano in lingua Krenak).
E’ nato nel 1983 da un famiglia Krenak, in una regione della Valle del Rio Doce, al confine tra lo Stato dello Espirito Santo con lo Stato di Minas Gerais. Durante la sua leadership, furono create due entità importanti per la causa indigena: la Uniao das Naçoes Indigenas (UNI) che mette in gioco qualcosa come 180 etnie differenti e l’ Alleanza dei Popoli della Foresta. Tardi ha frequentato la scuola. Ma questo fatto non ha per lui lo stesso significato che noi gli attribuiamo. “Leggere e scrivere non è per me una capacità superiore a camminare, nuotare, salire sugli alberi, correre, cacciare, fare un paniere, un arco, una freccia”.
Il grande insegnamento proviene dalle tradizioni sacre delle tribù e dall’immersione nella natura e nell’universo..Ironicamente osserva: “Un mio nonno è vissuto 96 anni. Per il mio popolo un guerriero e un saggio; per il governo brasiliano era un bambino, un soggetto da tener d’occhio e da proteggere.
Contro questo tipo di interpretazione e di politica Krenak muove dura critica. Famoso il suo intervento pronunciato il 4 settembre del 1987 all’Assemblea Nazionale Costituente.Si dipinse a lutto e si vestì con il costume dei nativi. Era una protesta contro il modo come essi erano stati cacciati nel corso della storia. Denunciava: “oggi siamo bersaglio di una aggressione che pretende raggiungere nella oro essenza, le nostre credenze e la nostra speranza…..il popolo dei nativi ha bagnato con il sangue ogni ettaro degli otto milioni di chilometri quadrati del Brasile”. Comunque provò felicità per le leggi approvate a favore dei popoli nativi nella Costituzione, anche se sono continuamente violate.
Mai dobbiamo dimenticare una delle pagine più vergognose crudeli della nostra storia. Dom Joao VI non appena arrivato in Brasile decretò con la Carta Regia del 13 maggio 1808 una Guerra offensiva contro ciò che chiamavano botocudos (da botoque, pezzetti di legno che infilavano nel labbro inferiore, così, per bellezza). Nella lettera si decretava: “ dovete considerare come iniziata contro questi Indios antropofaghi una guerra offensiva che continuerete sempre di anno in anno durante la stagione secca e che non avrà fine, se non quando avrete la soddisfazione di essere i padroni delle loro abitazioni e di far loro capire la superiorità delle mie regali armi in maniera tale che mossi da giusto terrore delle stesse chiedano la pace e si assoggettino al dolce giogo delle Leggi. Niente di più arrogante e bugiardo (non erano antropofagi) di un simile testo. I Krenak furono quasi sterminati. Ma si nascosero nei boschi e lentamente si ripresero: tribù coraggiosa, intelligente e capaci di lottare.
La principale lotta di Ailton Krenak è la preservazione della identità tribale sia nei loro territori, sia nelle zone urbane. Mostra gli equivoci dei tentativi di acculturarli, di incorporarli alla società nazionale, insomma di civilizzarli senza rendersi conto dell’immensa sapienza ancestrale di cui sono portatori e della comunione profonda che vivono con la natura e con l’universo. Attualmente, in mezzo a una crisi universale ecologica, dimostrano di essere maestri e dottori.
“Noi siamo indios solo per i bianchi”, dice Krenak. Noi abbiamo la nostra identità e il nostro nome: Krenak, yanomami, guarani-kaiowa e altri. “Per noi l’America Latina non esiste; esiste l’universo.
Lui e quelli della sua tribù sono profondamente religiosi. Lui dice :” io sono praticante, ma non sono obbligato ad andare in una chiesa, non devo andare a messa. Io mi relaziono con il mio Creatore, mi relaziono con la natura e con i fondamenti della tradizione del mio popolo”.
In un’altra intervista afferma : “i krenak credono che noi siamo parte della natura, gli alberi sono nostri fratelli, le montagne pensano e sentono. Tutto ciò fa parte della nostra sapienza, della memoria della creazione del mondo”. Qui emerge la stessa esperienza di San Francesco di Assisi e ci rimanda all’enciclica sulla ecologia integrale di Papa Francesco. Con coraggio difende il sacro che sta in tutte le cose.
Mi ricordo che in uno dei primi Congressi sull’ecologia realizzato in Brasile toccò a me esporre la visione di San Francesco sulla fraternità universale, con il sole e con tutti gli esseri. Alla fine disse il cacicco e sciamano Davi Kopenawa dei yanomamis:” questo non è un santo cattolico; lui è come noi un nativo.
Infine vale la pena udire questa testimonianza di Ailton Krenak: “io penso che c’è stata una scoperta del Brasile da parte dei bianchi nel 1500 e poi una scoperta del Brasile da parte degli Indios nella decade del 1970 e 1980. Ora è in vigore quest’ultima, gli Indios hanno scoperto che, nonostante che essi siano simbolicamente i padroni del Brasile, essi non hanno nessun posto per vivere in questo paese. Dovranno portare gradualmente all’esistenza questo luogo esprimendo la loro visione del mondo, la loro potenza come esseri umani, il loro pluralismo la loro volontà di essere e di vivere”. Tutti dobbiamo appoggiare questi giusti desideri.
Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato