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E’ dal 1851 che si fanno esposizioni internazionali su agricoltura e alimentazione allo scopo di far conoscere i progressi tecnologici in questi settori. Ma con la crisi mondiale dovuta al riscaldamento globale, con la scarsità di acqua dolce e con più di 800 milioni di affamati nel mondo, l’attuale esposizione realizzata a Milano dal 1° maggio al 31 di ottobre ha cambiato il suo punto focale col titolo Alimentare il Pianeta – Energia per la vita. In uno spazio enorme, con padiglioni differenziati e tecnologicamente innovatori erano presenti 145 paesi.

Sappiamo che tutto il sistema agroalimentare si muove in due direzioni opposte: quella dei grandi oligopoli che usano le tecniche più avanzate e pesticidi per la produzione all’ingrosso che è posta come una merce qualsiasi in balia della speculazione, il che esclude milioni di persone che non hanno capacità finanziaria per accedere ai prodotti di alimentazione.

Questi come sempre patiscono la fame, anche se nella sua variante chiamata “fame occulta” che interessa due miliardi di persone, che non hanno micronutrienti, vitamine e minerali.

Un’altra direzione, molto minore, ma in crescita, è quella dell’agrologia che cerca la sicurezza alimentare a partire dall’economia familiare e dalle cooperative ecologiche, la cui produzione è regolata in sintonia con la natura, con migliaia di movimenti, come in Brasile i “Sem Terra” (MST) e la Via Campesina, fondata nel 1993. Questa coordina 150 organizzazioni nazionali e internazionali che coinvolgono circa 200 milioni di persone. Per loro, l’alimento è un bene di vita, non l’occasione per fornire fonti di guadagno alle imprese.

All’Expo di Milano 2015 si sono proposti l’obiettivo di appoggiare questa seconda tendenza proponendo arti culinarie tradizionali di ciascun paese, nuovi stili di vita salutari, che garantiscano qualità e sicurezza alimentare. Questo significa “Alimentare il Pianeta”.

Un’altra grandiosa questione è quella dell’Energia per la vita”, dato che senza Energia le società restano paralizzate. Sono in uso tutti i tipi di Energia, in gran parte inquinanti e non rinnovabili. In questo campo si è distinto brillantemente il messaggio del Brasile. La situazione è stata presentata in modo impareggiabile dal Direttore generale della Itaipu Binacional, che rappresentava pure il Ministero delle Miniere e dell’Energia, Jorge Samek. Ha affermato che i 66% della Matrice elettrica brasiliana, pulita e rinnovabile, viene dall’idro-elettricità. Oltre a quella eolica e solare, già è rilevante la produzione di energia a partire dalla biomassa, passata da 4.193 MW nel 2008 a 12.415 MW nel 2015, un aumento del 196%.

Non meno brillante è stata la presentazione del progetto “Cultivando Agua Boa” della stessa Binacional, fatta dal suo direttore Nelson Friedrich con la sua solita vivacità che ha incantato tutti. Creato nel 2003, il progetto non si basa su investimenti della idroelettrica, ma sulla partecipazione, sulla partnership con le comunità, prefettura e organi pubblici dei 29 municipi che compongono il bacino del Paranà, che ospita un milione di abitanti. Ha applicato i principi Carta della Terra e delle Mete del Millennio dell’Onu in modo tale da abbracciare tutta la popolazione, organizzando più di venti programmi e 65 iniziative che comportano la messa a dimora di milioni di mute di piante native, la manutenzione della vegetazione cigliare, lo sviluppo rurale sostenibile, la produzione di energia a partire dalla biomassa fino all’inclusione di tutti gli strati sociali, accompagnati da migliaia di educatori ambientali.

Il progetto ha vinto vari premi internazionali, specialmente quello dell’Onu, nel marzo del 2015, come “la miglior pratica di gestione idrica del mondo intero”. Altri paesi come Guatemala, Repubblica Domenicana, Bolivia, Argentina, Uruguai e Paraguai si dispongono a replicare questo progetto. Itaipu-Binacional non produce solo energia elettrica, ma pure energia umana, civilizzatrice e anticipatrice del nuovo.

In qualità di assessore, mi è toccato commentare le presentazioni. Ho detto con convinzione che l’idroelettrica di Itaupu-Binacional si iscrive nella riflessione e nella pratica ecologica mondiale. Invece che partire dai beni e servizi dell’eco-sistema regionale, ha liberato la categoria della “sostenibilità” che era stata sequestrata dallo sviluppo di taglio capitalistico, lineare e creatore di disuguaglianze e ha allargato i significati della categoria sostenibilità alle aree della natura, della società, dell’educazione, della produzione della cultura e persino della spiritualità, generando una rete di relazioni armoniche. Inaugura una pratica orientata dal nuovo paradigma contemporaneo che pone tutto in relazione con l’immenso processo della cosmogenesi.

Fatto notevole del progetto “Coltivando Agua Boa” è stato l’ aver inaugurato un vasto processo di inclusione della popolazione, che riscatta i nativi e i quilombolas con i loro valori e tradizioni, incentivando le arti culinarie tradizionali, la coltivazione di erbe medicinali, fino a creare una immensa riserva forestale, scuole tecniche, un Centro di Saperi e Sapori e una Università, UNILA, aperta a tutti i Latinoamericani, tra le altre iniziative che vanno oltre questo spazio.

Siamo nel cuore di una profonda crisi che il sistema-vita e del sistema-Terra. Come sottolineato dal direttore generale Jorge Samek stiamo facendo la cosa giusta che può evitare la fine del mondo. Può finire questo tipo di mondo anzi-vita e anti-Terra, ma per fare posto a un’altra forma di abitare la Casa Comune, gestire una bio-civiltà e una Terra di Buona Speranza. La Carta di Milano che fa suoi questi valori è stata sottoscritta dai rappresentanti del Brasile. Insieme all’Enciclica del Papa Francesco, “la cura della Casa Comune” rimarrà tra i riferimenti teorici per il progetto “Cultivando Agua Boa”.

Itaipu Bi-Binacional dimostra che il sogno di un nuovo mondo non è vuoto ma già da adesso una felice e ben riuscita anticipazione.

Leonardo Boff, columnist del JB online

Traduzione di Romano Baraglia e Lidia Arato