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Qualche tempo fa ho pubblicato un articolo con il titolo “Contro le trame della destra: sostenere Dilma Roussef. Adesso in tempi di campagna presidenziale noto che l’articolo è ancora attuale. Riscrivo il testo adattandolo al nuovo contesto.

È noto che la destra brasiliana specialmente quell’articolazione di forze elitiste che sempre hanno occupato i poteri dello Stato e lo hanno trattato come proprietà privata (patrimonialismo), appoggiate dai media privati e di proprietà, sta approfittando della crisi che mondiale e non soltanto nazionale (e abbiamo il vantaggio di mantenere un minimo di crescita e il posto ai lavoratori, cosa che non succede né in Europa né negli Stati Uniti) per svenare la presidente Dilma e mettere in cattiva luce il PT e così creare un’atmosfera che permetta loro di tornare a prendere il posto che hanno perduto per via democratica.

Celso Furtado in un libro poco letto A construçao interrompida (1993) ha colto nel segno scrivendo: “Il tempo storico subisce un’accelerazione e la conta di questo tempo è a noi sfavorevole. Si tratta di sapere se abbiamo un futuro come nazione che conta nella costruzione del divenire umano. Oppure se prevarranno le forze che si impegnano a interrompere il nostro processo storico di formazione di uno Stato-nazione” (Paz e Terra, Rio 1993,35).

È qui che sta la vera domanda: vogliamo prolungare la dipendenza da quelle forze nazionali e mondiali che sempre ci hanno mantenuti allineati e soci di secondo grado del loro progetto oppure vogliamo completare l’invenzione del Brasile come nazione sovrana che ha da dare un grande contributo per risolvere la crisi ecologico-sociale del mondo.

Se da un lato non possiamo non esprimere alcune critiche al governo del PT, ma critiche costruttive, dall’altro, sarebbe un venir meno alla verità se non riconoscessimo l’avanzata significativa sotto i governi del Partito dei Lavoratori (PT). L’inclusione sociale realizzata e le politiche sociali benefiche per quei milioni che sempre erano rimasti ai margini, possiedono una magnitudine storica il cui significato non abbiamo ancora smesso di valutare, specialmente se ci confrontiamo con le fasi storiche anteriori, egemonizzate dalle élites tradizionali da sempre insediate nella stanza dei bottoni.

È nato uno strano odio contro il Partito dei Lavoratori (PT) in molti settori della società: sospetto che quest’odio esiste perché le politiche pubbliche hanno permesso ai poveri di usare l’aereo per visitare i loro parenti nel nord-est, e sono riusciti a comprare la loro macchinetta e sono arrivate a fare la spesa in uno shopping moderno. Il loro posto non è su un aereo, ma in periferia, quello è il loro posto. Invece sono stati integrati nella società e ne condividono i benefici.

Dobbiamo approfittare delle opportunità che il paesi centrali in profonda crisi ci offrono: riaffermando la nostra autonomia e garantendo il nostro futuro autonomo ma relazionato con la totalità del mondo; oppure sciupare l’occasione e vivere incatenati al destino sempre deciso da loro che ci vorrebbero condannare a essere soltanto fornitori di prodotti in natura, che loro non hanno e così tornerebbero a colonizzarci un’altra volta.

Non possiamo accettare questa strana divisione internazionale del lavoro. Dobbiamo riprendere il sogno dei nostri migliori analisti del calibro di Darcy Ribeiro e di Celso Furtado, tra gli altri, che hanno proposto una reinvenzione o rifondazione del Brasile su basi nostre, presenti in gestazione attraverso il nostro saggio di civiltà tanto mondialmente acclamato.

Questa è la sfida lanciata ai candidati alla più alta istanza del potere nel paese. Non vedo figura migliore che proseguire in questa ricostruzione a partire dal basso, con una democrazia rappresentativa e partecipativa, con i suoi consigli movimenti popolari che hanno le loro opinioni e possono dare una mano a formulare sentieri che ci portino avanti e in alto, non vedo – dicevo – figura migliore dell’ attuale presidente Dilma.

La situazione è urgente dunque come avvertiva pensieroso Celso Furtado: “Tutto ci fa capire che non è rinviabile il Brasile come progetto razionale” (Op. cit.35). Noi non vogliamo accettare come fatale questo severo ammonimento. Non dobbiamo riconoscere le sconfitte senza prima dare battaglia come ci ha insegnato Don Chisciotte nella sua gaia sapienza.

Questa battaglia sarà decisa il 5 ottobre p.v. Che gli spiriti buoni ci guidino per le vie del nostro paese.

Traduzione di Romano Baraglia