Faccio fatica a credere che esistano persone che difendono l’aborto per l’aborto, una pratica che implica l’eliminazione di una vita o comunque significa interferenza in un processo vitale che culmina con l’emergere di una vita umana. Personalmente sono contrario all’aborto, perché amo la vita in ciascuna delle sue fasi e in tutte le sue forme.
Ma questa affermazione non mi rende cieco nei confronti di una realtà macabra che non può essere ignorata e che sfida il buon senso e i pubblici poteri. Ogni anno in Brasile sono praticati 800.000 aborti clandestini. Ogni due giorni muore una donna vittima di un aborto clandestino male assistito.
Questa realtà deve essere affrontata non con le forze dell’ordine, ma con un sistema di sanità pubblica responsabile e con senso di realismo. Considero farisaico l’atteggiamento di coloro che difendono la vita embrionale in modo intransigente e non adottano lo stesso atteggiamento davanti a migliaia di bambini nati e buttati nella miseria, senza pane e senza carezze, vaganti per le strade delle nostre città. La vita deve essere amata in tutte le sue forme e età e non soltanto al suo primo albeggiare nel seno di una donna. Tocca allo Stato e tocca alla società creare le condizioni perché le mamme non siano costrette ad abortire.
Personalmente, sulla scalinata della cattedrale di Fortaleza, ho aiutato una donna affamata, che chiedeva l’elemosina mentre allattava il figlio con il sangue del seno. Pareva un pellicano. Perplesso e preso da compassione la portai fino alla casa del cardinale Dom Aloisio Lorscheider, dove le demmo tutta l’assistenza possibile.
Comunque ugualmente avvengono aborti , sempre dolorosi e che arrivano a toccare in profonditàla psiche della donna.
Vorrei raccontare quello che ha scritto un eminente psicanalista di scuola Junguiana di São Paulo, Leon Bonaventure, nella introduzione scritta per un libro sfidatore e intrigante e non esente da discussione: Aborto: perdita e rinnovamento: un paradosso nella ricerca dell’ identità femminile (Paulus 2008) di Eva Pattis, una psicanalista infantile di origine svizzera nota nel suo ambiente.
Conta Leon Bonnaventure, con la sottigliezza di un fine psicanalista per il quale la spiritualità costituisce una fonte di integrazione e di cura delle ferite dell’anima.
«Una signora cercò un sacerdote e gli confessò che aveva praticato un aborto qualche tempo addietro. Sentita la sua confessione, il sacerdote le domandò con profondo senso umano: come avrebbe voluto chiamare suo figlio. La donna, perplessa, rimase a lungo in silenzio.
Allora il Sacerdote le disse:se lei, signora,è d’accordo, gli daremo un nome e lo battezziamo pure”.
La signora fece di sì con la testa. E così simbolicamente eseguirono.
Dopo il sacerdote parlò del mistero della vita umana. Disse: «Ci sono vite che vengono in questo mondo per dieci, venti e persino 100 anni; altre mai arriveranno a vedere la luce del sole. Nel calendario liturgico della Chiesa c’è la festa dei Santi Innocenti, il giorno 28 dicembre, quelli che Erode fece uccidere al momento in cui Gesù Bambino veniva al mondo. Questo giorno sia anche la data di compleanno di suo figlio».
Il sacerdote terminò il suo pensiero con le seguenti parole consolatrici: “Come essere umano non posso giudicarla. Ma se lei ha peccato contro la vita, il Dio della vita può riconciliarla con la vita e con lui. Va in pace e vivi».
Il Papa Francesco raccomanda sempre misericordia, comprensione e tenerezza nei rapporto dei sacerdoti con i fedeli. Questo sacerdote aveva vissuto ‘ante llitteram’ quei valori profondamente umani e che appartengono alla pratica del Gesù storico”. Che essi possano incoraggiare altri sacerdoti a coltivare la stessa umanità.
Traduzione di Romano Baraglia
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